Se la politica deve sempre diventare uno stupido talent show
Lo scontro tra Trump, Zelensky e Vance novelli giudici del Super Talent Definitivo.
Di mestiere faccio l’autore tv, l’ho scritto spesso nei miei Resoconti. Intrattenimento. Diverto la gente. Non c’è niente di male. Come gli avvocati che difendono i mafiosi. Non c’è niente di male manco lì. È un duro lavoro e qualcuno dovrà pur farlo, e poi io a differenza dei legali degli assassini navigo sulla soglia della leggerezza, e in quanto televisivo ho firmato diversi talent show e alcuni mi sono pure divertito molto a farli.
Ma quella è tv, intrattenimento, uno storytelling che spesso sconfina con la finzione, in cui c’è sempre (sempre) messinscena, e poi, diciamolo, non muore nessuno, non facciamo operazioni a cuore aperto (altro vecchio adagio tv) e soprattutto non si decidono i destini delle nazioni e dell’umanità.
Il problema sorge quando tutto, e specialmente la politica, diventa un talent show.
Come nel caso di cui proprio non si può non parlare, l’ormai celeberrimo e direi storico scontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale della Casa Bianca.
È una forzatura dire quello che sto dicendo? Non so quanto lo sia, se lo stesso Donald Trump, commentando lo scontro appena avvenuto con Zelensky dice:
“This is gonna be great television”
Siamo all’ammissione che tutto è solo un grande show, l’avete sentito con le vostre orecchie nel video qui sopra che trovate già al punto, basta cliccare.
«Questo sarà un grande momento di televisione». Non abbiamo risolto nulla, e anzi abbiamo di non poco peggiorato le cose, ma almeno se ne parlerà per settimane, come quella serie di cui si discute in ufficio alla macchinetta del caffè, la puntata di quel programma che piace a tutti di cui si dibatte al boccione dell’acqua.
Perfetto. Io ci sto. Dimentico le centinaia di migliaia di morti tra soldati e civili. Dimentico gli interessi economici dietro ogni guerra, compresi gli appetiti degli Stati Uniti per le terre rare ucraine. Dimentico che l’indebolimento dell’Ucraina significa rafforzare le mire espansionistiche della Russia verso un’Europa non molto reattiva e poco capace di produrre una risposta unitaria; dimentico Scurati il guerriero, che l’Italia chiamò a intervenir con un articolo in cui M sta per Marketing; dimentico le sue sacrosante preoccupazioni per una terza guerra mondiale che non siamo in grado di sostenere come europei e che da orgogliosi pacifisti ci svegliamo miseri pacifisti, perché oggi, o ieri, ci siamo accorti che il pacifismo è un valore che non vale nulla, è stato un gioco, abbiamo scherzato.
Dimentico tutto questo e vado ad analizzare il nostro Super Talent Definitivo.
L’OPENING – Nel pre-sigla del nostro Super Talent Definitivo il tronfio Donald stritola la mano a Volodymyr e indicandolo ai giornalisti dice, con una sonora presa per il culo, che sì è davvero vestito bene, tutto in tiro, e glielo dice usando quello stile aggressivo e americano tipico di certi incontri pre-match della boxe quando si fa spettacolo milionario, o meglio ancora del wrestling. Un inizio perfetto, col botto, veloce ed efficace, che noi televisivi ci scervelliamo sempre di trovare ma poi immancabilmente visto che siamo tutti un po’ nerd sbrodoliamo nel citazionismo: «Facciamo che i giudici arrivano in studio ripetendo passo dopo passo l’inizio di Indiana Jones e i Predatori dell’Arca Perduta?». Seh, ciao.
IL LINGUAGGIO – I nostri giudici del Super Talent Definitivo sono pronti al confronto, e come in uno show classico, in linea con il genere, si parlano tra di loro non in un faccia a faccia reale, ma rivolti al pubblico a casa, frontali, in un faccia a faccia con le telecamere che è come se queste, specchio profondo, infinito, riflettessero l’immagine del contendente, e quindi i protagonisti sono seduti a favore di camera e si parlano dal lato della bocca, perché è più importante che stiano frontali a noi, agli spettatori, e non che si guardino negli occhi per dirsi effettivamente delle cose sensate e con un peso specifico e che riguardano la sicurezza di milioni di persone.
LA RISSA – E non alla russa, ma alla talent. «Tu non hai le carte per dire quello che dici»; «Tu non vieni a dire a me chi sono io e cosa ho vissuto»; «Tu sei qui solo per le telecamere»; «L’Ucraina merita la finale, e siamo tutti d’accordo, ma la Russia merita la vittoria per il percorso che ha fatto finora». E poi l’intervento del terzo giudice giovanilista JD a supporto del suo mentore, che però prontamente viene sfanculato dal giudice vestito strano, il maledetto, quello che ha vissuto davvero, che conosce il mercato discografico, la Storia con la Esse. Insomma, tutto nella norma del talent e pochissimo del bilaterale per decidere se andare o no alla terza guerra mondiale. Dai ragazzi, forza, go-go-go.
IL PUBBLICO È SOVRANO – E si litiga perché c’è sempre un’audience da conquistare: quella in sala dei buuh e delle standing ovation, i telespettatori, l’elettorato, gli alleati, la Cina, l’Europa, i redneck delle campagne. E i nostri giudici del Super Talent Definitivo questo fanno, si sfidano davanti alle telecamere per influenzare l’opinione pubblica globale.
IL GIUDICE PIÙ DURO DETTA IL RITMO – Anche qui, come in tutti i talent, c’è un giudice inflessibile che decide chi resta e chi viene eliminato. È The Donald, che fa tutto lui, disfa tutto lui, con il suo passato da navigato showman e tycoon ricco, potente, autoritario, proprio come in fondo era in The Apprentice, mentre Zelensky deve seguire, sotto pressione, schiaffeggiato a destra e manca, deve solo sopravvivere alla puntata, poi si vedrà.
IL PARENTE EMOTIVO – Nel pubblico c’è sempre il parente che noi autori sappiamo che si emozionerà più degli altri, e allora il sapiente e navigato regista ti dice «rega’, mettetemelo davanti, alle prime file, se lo volete vede’», che i registi di solito non sono loro che vogliono vedere le cose, loro fanno in modo che le cose che vogliamo vedere noi autori vengano poi effettivamente viste, fanno concessioni a queste povere teste di cazzo che saremmo noi. Lo so, sembra complicato ma è una cosa che tanti miei colleghi, leggendo, staranno riconoscendo, e sono sicuro che si stanno pure facendo una risata, e soprattutto i registi (che sono tutti amici miei, sia chiaro – ragazzi, vi voglio bene). E insomma nel nostro Super Talent Definitivo c’è anche il parente emotivo, ed è la disperata ambasciatrice ucraina negli States:
I FASHION CONTENT CREATOR IN STUDIO – L’abbigliamento del povero Volodymyr, giudice di rottura, proprio non va giù a nessuno dei presenti a questa clamorosa puntata del Super Talent Definitivo, e come nelle migliori narrazioni un elemento seminato in pre-sigla ritorna con clamore proprio nel cuore dello show, e un giornalista che non si preoccupa minimamente di tutte quelle cose che noi esseri umani stiamo fingendo di dimenticare (i morti, gli interessi economici, gli equilibri mondiali, il futuro del mondo e dei nostri figli) torna alla carica con questa cazzo di faccenda su quanto si vesta male Zelensky senza chiedersi che forse il suo abbigliamento è tale perché il suo paese è in guerra e lui è in divisa, e io penso che davvero non si possa essere più stupidi o arroganti o umanamente abietti a non essersene accorti o peggio a far finta di non sapere, e questo signore si chiama Brian Glenn (e Brian poi frigna che lo minacciano di morte sui social, dove giustamente gli fanno notare che sull’abbigliamento di Elon Musk [che veste come un americano in gita a Roma il giorno che pensa di essere elegante] non si era mai pronunciato), e dopo che parla e dice le sue cose da fashion blogger a Volodymyr tutti i maschioni presenti si mettono a ridacchiare per com’è vestito male un Zelensky che risponde con grande dignità e sì stile, e che alla fine sbuffando starà pensando «mi avevano detto che questi americani erano coglioni, ma coglioni fino a questo punto proprio non me l’immaginavo».
LA CHIUSURA CON IL TEASER AL PROSSIMO EPISODIO – In questa ricca puntata è letteralmente successo un casino. Noi autori siamo molto soddisfatti. E in più il finale non è ancora scritto, e il pubblico se n’è accorto: il televoto potrebbe essere truccato, stiamo premiando noi i concorrenti da spingere e non quelli davvero meritevoli, complottismo e fanbase si mescolano e montano, e la narrazione è adesso in mano ai media, ai social, e vediamo se producono articoli e meme, come reagiscono su X e Instagram e Facebook, e lo show avrà una vita oltre la messa in onda, e rimaniamo tutti appesi per una settimana e forse più. What’s up next? Terza guerra mondiale? Trump e Zelensky si danno la manina nella prossima puntata? E l’Europa, giudice guest della finale, che ruolo avrà?
MEME E PARODIE DEL FORMAT DI SUCCESSO – Sono usciti centinaia di filmati prodotti con le AI generative in cui Trump e Zelensky fanno a botte. Ma la parodia imperdibile è quella messa in piedi dagli immancabili e formidabili comici del Saturday Night Live, con un Mike Myers straordinario. Vi consiglio vivamente di vederla. Ci facciamo una risata, che non fa mai male. Come dice il mio amico Mago: «Se state ridendo, siete nel posto giusto».
Insomma, è chiaro: l’Ucraina non va in finale. Forse va alla soluzione finale. Vedremo.
Ma a noi che ce frega? Noi facciamo campagna elettorale costante. Noi misuriamo il gradimento delle cazzate che diciamo minuto per minuto, secondo su secondo. Il sentiment della gente, quello è importante, non i morti, la distruzione. Cosa pensano e come reagiscono i social. Se lo show che abbiamo messo su funziona o non funziona. Se i nostri personaggi piacciono o non piacciono. Se c’è un argomento che diventa trend e su cui dobbiamo spingere. E soprattutto, come la televisione, come un talent show, parliamo alla pancia, non alla testa.
Perché noi quando decidiamo il destino dell’umanità pensiamo solo a una cosa:
“This is gonna be great television”
Blaze Foley, Oval Room
In his oval room, in his rockin' chair
He's the president, but I don't care
He's a business man, he got business ties
He got dollar signs in both his eyes
Got a big airplane, take him everywhere
Got a limousine, when he get there
Everywhere he goes, make the people mad
Makes the poor man beg, and the rich man glad
He's the president, but I don't care
Ooh, Ooooooh, Ooh
At the factory, never been so slow
Got a big fourth down, ninety nine to go
And down on the farm, nothing growing there
But the debts they owe and their gray hair
In the desert sand, and the jungle deep
He thinks everything is his to keep
He's a real cowboy, with his makeup on
Talks to kings and queens on the telephone
He's the president, but I don't care
Ooh, Oooooh, Ooh
He's a movie star, if you stay up late
And he'll search your car, if you don't look straight
In his Oval Room, in his rockin' chair
He's the president, but I don't care
He's the president, but I don't care
Ooh, Oooooh, Ooh
He's the president, but I don't care
Ooh, Oooooh, Ooh
Alle quattro forme di bullismo, indiretto, diretto, cyberbullismo e bullismo psicologico, oggi si aggiunge il bullismo governativo.